- Assemblea Gebis, il balneare vuole essere protagonista del turismo clodiense
- Marco Tiozzo, dopo un anno alla Juventus arriva il primo contratto da professionista
- Sottomarina, nel 2025 il restauro di tre storici capitelli votivi
- Arriva a Chioggia Il Piccolo Principe, un burattino per l’inclusione sociale
- Tempo di Open Days, al liceo Veronese si inizia il 23 novembre
- Percorsi in preparazione al matrimonio cristiano, le date per Chioggia e Sottomarina
- “Berlinguer – La Grande Ambizione”: domenica al Don Bosco la proiezione con la presenza del regista Andrea Segre
- Un libro per conoscere i canti popolari chioggiotti
- I Balestrieri di Chioggia, orgoglio della città: un anno di successi in giro per l’Italia
- La comunità ringrazia Assoarma, Avis e Pro Loco: per otto mesi hanno vigilato le aperture di San Domenico
Fratelli d’Italia chiede un forum sull’economia del mare, in occasione degli stati generali
Fratelli d’Italia, attraverso le parole del senatore Luca De Carlo,del Capogruppo Fdi Regione Veneto Raffaele Speranzon e di Nicola Boscolo Pecchie Dipartimento Regionale della Pesca – Fdi, chiede un modo diverso di approcciare i problemi della pesca, uscendo dall’emergenza e pensando invece a proposte di lungo periodo.
Scrivono i tre in una nota stampa: “La situazione della pesca in generale, quella più particolare dell’alto adriatico e delle nostre flotte venete e chioggiotta deve, e gli operatori lo sanno bene, entrare nelle agende di politici ed amministratori, non come l’emergenza del momento nella quale riuscire a svolgere le limitate poche competenze che la legge attribuisce a taluni amministratori, ma con una visone di prospettiva tale da bilanciare una serie di anni, oramai più di decennio, durante il quale, di volta in volta, la pesca ha dovuto subire delle minacce, talvolta mitigate, ma che sul lungo periodo hanno ridotto il concetto di pesca, in termini di tempo di pesca, di gravami burocratici, di restrizioni varie. Serve affiancare alla difesa della pesca – sulla quale non si deve cedere di un millimetro – come sulle riduzione del tempo di pesca, sulle difficoltà derivanti dal MOSE, sulle modifiche al Regolamento Controlli, una visione di prospettiva, tale da associare alla difesa della pesca l’immediato futuro della stessa, raggiungedo in questi termini la piena sostenibilità economica ed ambientale”.
I tre continuano la loro nota toccando il tasto dolente delle scelte e della visione europea sul tema.
Scrivono infatti: “L’UE deve capire che oltre al pesce ci sono i pescatori che hanno il sacro santo diritto di difendere le loro prerogative, le loro famiglie e le loro vite, per contro, il dibattito va allargato per non ritrovarsi ogni volta con un qualcosa di meno, immettendosi in un pendio scivoloso che se si compiace per mini vittorie, subisce le posizioni perse nel lungo periodo. In questa otttica il FEAMPA, le opportinutà del PNRR e le prospettive di occupazione del GOL – del quale si sta lavorando al decreto interministeriale – devono inserire la permanenza del pescatore nel proprio mare: con la difesa del reddito prima e la sua diversificazione poi e poi ancora l’eventuale riconversione che va comunque accompagnata e sostenuta. L’economia del mare deve imporsi, tenendo il pescatore in mare, delineando integrazioni di reddito raggiungibili, fattibili e realistiche. Dall’allevamento al pescaturismo e all’ittiturismo, alla ricerca scientifica nell’immediato; all’escursionismo, ai servizi ambientali, alla sicurezza marittima, agli aventi sportivi e culturali marittimi poi; ed in prospettiva futura alla nautica, alla crocieristica”.
I tre hanno anche le idee chiare sui passi da fare: “A livello di Governo nazionale per affronatere tutto ciò serve il – da più parti auspicato – Ministero del Mare, a livello locale utile sarebbe un forum sull’economia del mare, anche in occasione degli stati generali della pesca. In tale visione “di lotta e di futuro” si amplierebbe la capacità di trovare più interlocutori ed aumentare la rappresentatività della pesca, spesso minoritaria all’interno delle istituzioni, rafforzando in tale maniera anche il Distretto dell’Alto Adriatico che per quanto attivo vede confrontarsi delle Regioni con degli Stati sovrani come la Slovenia e la Croazia, pagando un inevitabile deficit strutturale di rappresentanza e di capacità di contrattazione”.