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Domenica a Chioggia la posa della Pietra d’Inciampo dedicata a Cesare Carmi
Domenica 5 febbraio dalle ore 10, in Corso del Popolo a Chioggia (davanti calle Scopici), il comitato ANPI di Chioggia e il Tavolo cittadino Chioggia per la Costituzione organizzano la posa della Pietra d’Inciampo dedicata a Cesare Carmi, che proprio da quella casa venne deportato il 16 dicembre 1943 per non fare più ritorno da Auschwitz.
L’iniziativa sarà preceduta Sabato 4 febbraio dalla presentazione dei volumi scritti da Luciana Laudi, nipote di Cesare: “Ritratti d’archivio” e “Venezia-Fossoli, direzione Auschwitz”, che contiene le lettere scritte dal giovane agli amici di Chioggia durante la sua prigionia. Parteciperà Andrea Bienati, docente di Storia e Didattica della Shoah all’ISSR di Milano.
Entrata libera, dalle ore 18 nell’aula magna di palazzo Grassi in Chioggia (accesso da riva Vena 1282).
Il comitato ANPI ringrazia per la collaborazione il comitato Pietre d’Inciampo di Venezia, IVESER (Istituto Veneziano per la Storia della Resistenza e della Società Contemporanea), la Comunità Ebraica di Venezia, la Fondazione Clodiense, il dipartimento di Biologia del Mare dell’Università di Padova, SPI CGIL, il Comune di Chioggia, il Comune di Venezia, la Municipalità di Venezia Murano Burano, il Centro Tedesco di Studi Veneziani.
Nel 1941, dopo tre anni dall’entrata in vigore delle leggi razziali, Cesare Carmi -ventenne rampollo di una famiglia ebrea monferrina di casa a Genova- dopo un percorso scolastico non brillantissimo viene inviato a Chioggia per lavorare nello stabilimento conserviero SACIA del cugino Mario Pontecorboli.Cesare trova sistemazione a casa di Sara Cirella e Diomiro Toffoli, «la zia e lo zio» (ricerche di archivio non consentono ancora di dirimere la questione se fossero veri parenti, ma si sa che in laguna l’appellativo è rivolto anche per affetto e vicinanza), titolari di un panificio in corso Vittorio Emanuele 64, all’angolo con calle Scopici.
Per adempiere alle formalità burocratiche, Toffoli segnala all’autorità della pubblica sicurezza la presenza di Cesare in casa sua: per quanto vessati ed esclusi da moltissimi aspetti della vita civile, nel 1941 e nel 1942 -a guerra mondiale ampiamente in corso- le cittadine e i cittadini di religione ebraica non rischiano ancora per la propria incolumità personale. Anche se già c’erano avvisaglie che andavano oltre l’apartheid: la famiglia di Cesare si rifugia tra il Piemonte e Bologna, Mario Pontecorboli (pure “discriminato” per la sua attività d’impresa) invita il cugino a seguirlo in Svizzera.Ma il giovane genovese a Chioggia ha trascorso due anni spensierati, di lavoro irreprensibile, maturando amicizie e una tenera simpatia, ricambiata, per la coetanea Flavia Silvestri, anche lei sfollata da Genova. Tra calle Gabardi e calle Gradara, dove viveva la ragazza, nel giro di poche centinaia di metri si è sviluppato un nuovo nucleo d’interesse amicale e familiare, di chiara matrice antifascista: da Genova arriva Sellica, la sorella di Sara, e anche la giovane parente Liliana Repetto, più tardi comandante partigiana nel centro storico lagunare.Alla fine dell’estate 1943, mentre i tempi si fanno via via più foschi, càpita in città anche Paolo Shaul Levi, intellettuale padovano che dei giovani potrebbe essere genitore, e si unisce alla brigata ligure del rione Sant’Andrea dispensando cordialità e saggezza. Attorno a loro, soccorrevole, la famiglia del capitano Vittorio Albertini, vicino di casa e di fede socialista, futuro esponente del Comitato di Liberazione Nazionale. Forse per non lasciare quest’oasi di apparente idillio, Cesare Carmi decide di non mettersi in salvo oltre confine.Finché, il 30 novembre dello stesso anno (oltre due mesi dopo l’armistizio con gli angloamericani, a quattro dalla caduta del fascismo con instaurazione della Repubblica Sociale Italiana), una circolare del ministro dell’Interno Buffarini impone, di concerto con le autorità occupanti naziste, l’arresto di tutte e tutti gli ebrei e la loro spedizione nei campi di concentramento. Il 5 dicembre Paolo Levi, il 16 dicembre Cesare Carmi vengono prelevati da casa Toffoli -l’indirizzo era noto per via della segnalazione innocente di due anni prima- e tradotti al carcere di Venezia, dove dormono anche per terra. Il ragazzo così comincia a scrivere incessantemente alla sua Flavia, cercando anche di tranquillizzarla: chiede aiuto per risolvere le spicciole necessità del suo nuovo stato di privazione (biancheria, cibo, denaro), si lascia andare a pensieri per il futuro, la presenza del più anziano Paolo gli dà conforto.Nelle ultime ore del 1943 i due vengono trasferiti a Fossoli, nel Carpigiano, in quello che dopo la fine della guerra verrà conosciuto come l’ultimo passaggio prima dei lager tedeschi: qui Cesare viene inserito nel lavoro in cucina, e comincia a pensare che tornerà libero solo dopo la fine delle ostilità e l’abrogazione delle leggi razziali. Non è purtroppo così: il 22 febbraio 1944 tutti i reclusi di Fossoli partono per Auschwitz a bordo di treni per il bestiame, non tutti arrivano vivi. Di Paolo Shaul Levi e di Cesare Carmi, più nessuna traccia né tantomeno lettera: il secondo diventa un numero, 174482, tatuato sopra il braccio sinistro.Nel febbraio 1946, a guerra conclusa e verso il referendum istituzionale che farà dell’Italia una Repubblica, Liliana Repetto -che un anno prima aveva condotto il Servizio di Informazione e Propaganda verso la Liberazione di Chioggia- scrive alla famiglia di Cesare per dire che ha incontrato un sopravvissuto da Auschwitz, il veneziano Luciano Mariani (che lassù aveva perso tutti i propri cari), il quale aveva conosciuto proprio il genovese nel servizio alla Buna, la fabbrica di gomma plastica interna al campo di sterminio, dove aveva lavorato anche Primo Levi.Succede che nel gennaio 1945, quando l’avanzata dell’Armata Rossa era ormai inesorabile, i nazisti abbandonarono il lager in fretta e furia, lasciando dentro solo gli infermi agonizzanti e trascinando con sé, nella neve della steppa polacca, coloro che erano ancora in grado di camminare. Tra essi appunto Cesare Carmi, che inevitabilmente trovò la morte durante la lunga traversata. Non una data, non una sepoltura sono di lui note, così come per Paolo Shaul Levi, probabilmente finito nel gas.A Genova, a Padova, a Chioggia hanno continuato a piangerli in tanti. Tra essi, Flavia Silvestri, che aveva conservato tutte le lettere scambiate con Cesare dalla prigionia. Finché, nel 2013, alla sua scomparsa il marito Alessandro Cerruti (già collega di Carmi), le ritrova intatte e le consegna alla Comunità Ebraica di Genova, che ha provveduto a recapitarle a Luciana Laudi, figlia di Elda, la sorella di Cesare. Due anni fa la signora, archivista storica e collaboratrice del Centro di Documentazione Ebraica Contemporanea, decise di pubblicarle in un volume edito da Il Prato, “Venezia-Fossoli: direzione Auschwitz”. Ed è come farli rivivere per sempre, nello spirito della Chioggia del tempo.