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Cambiamenti climatici, il prof. Navarra a Chioggia: “Le cause sono principalmente le attività umane”
Il Rotary Club Chioggia, attraverso il presidente Paolo Venerucci, ha promosso presso il Granso Stanco un incontro per parlare dei cambiamenti climatici. Ospite è stato il Prof. Antonio Navarra scienziato di fama mondiale nonché presidente della Fondazione C.M.C.C. ( Centro Euromediterraneo sui Cambiamenti Climatici).
Come è noto il clima, nella lunga storia della Terra è cambiato di continuo: ere glaciali e periodi interglaciali si sono alternati ogni circa 100.000 anni, almeno nell’ultimo milione di anni. Perché allora oggi il cambiamento climatico è diventato un tema di grande attualità nonché un serio problema?
Il Prof. Navarra ha spiegato che nel periodo interglaciale, in cui ci troviamo, le temperature non sono mai state così alte e i mutamenti climatici, in particolare il riscaldamento globale, si stanno verificando a una velocità e intensità mai riscontrate prima; in particolare, l’uso dei combustibili fossili è aumentato esponenzialmente, diventando la base delle attività della vita quotidiana e dell’economia umane, già a partire dalla seconda rivoluzione industriale.
A tal proposito, al fine di porre rimedi, non è stato sottaciuto che le attività responsabili e più impattanti in danno del Pianeta, risultano essere:
1) la produzione industriale di beni, alimenti ed energia e i trasporti che si basano sull’utilizzo di combustibili fossili.
2) l’abbattimento delle foreste che contribuisce all’aumento dell’effetto serra perché riduce il numero di alberi che assorbono CO2 e ne disperde il carbonio in atmosfera;
3) l’agricoltura e allevamento indiziati per la crescita degli allevamenti intensivi di bestiame e l’uso di fertilizzanti a base azoto: a cui va aggiunto l’elevato consumo di acqua.
È stato, altresì, osservato che gli effetti, negativi, del cambiamento climatico non si “riducono” alla trasformazione della fisiologia del nostro Pianeta, in quanto l’alterazione anomala del clima infrange, certamente, il delicato e complesso equilibrio su cui poggia la vita sulla Terra:
– ondate di calore più frequenti e più intense, con conseguente aumento della mortalità e delle condizioni patologiche a esse correlate;
– siccità, con conseguenti danni all’agricoltura, al sistema di approvvigionamento idrico pubblico, alla produzione di energia idroelettrica, degrado del suolo, desertificazione e aumento del rischio incendi;
– scioglimento dei ghiacciai e innalzamento del livello e della temperatura dei mari; alterazione degli ecosistemi, con conseguente perdita di biodiversità, spostamento di specie animali e vegetali;
– alterazione del ciclo dell’acqua, con conseguenti precipitazioni meno frequenti ma molto più violente;
– aumento e concentrazione della richiesta di energia per il raffreddamento nelle città per contrastare le isole di calore, con il conseguente aumento dei costi.
– aumento della mortalità umana legata alla qualità dell’aria e alle malattie respiratorie.
– aumento del rischio della comparsa di nuove malattie (per esempio quelle legate a vettori animali o all’acqua) o della ricomparsa di malattie debellate;
– incertezza nei modelli meteorologici, con conseguenti diminuzione della capacità di previsione dei fenomeni e della capacità di sfruttare le risorse climatiche per la produzione di energia rinnovabile.
Tutti effetti correlati e accomunati fra loro da un unico fattore: coinvolgono tutti e nessuno rimarrà escluso, anche se incidono (e incideranno) maggiormente sulle popolazioni più svantaggiate in termini di povertà, infrastrutture e istruzione.
Alcuni rimedi ci sono, si conoscono e sarebbero fattibili, occorre però la volontà politica e condivisa di attuarli: in un sistema economico globalizzato come quello attuale la transizione energetica ed economica non si può fare da soli come singoli Stati, dal momento che le catene produttive sono distribuite e parcellizzate in tutto il mondo.
La cooperazione contro i cambiamenti climatici è l’obiettivo della COP (Conferenza delle Parti) delle Nazioni Unite, che già sembrava aver raggiunto un risultato storico con l’Accordo di Parigi del 2015, ma, ancora, purtroppo, c’è molta strada da fare, anche se i mezzi e gli obiettivi individuati dagli accordi internazionali per combattere il cambiamento climatico, comunque, sono quelli giusti: eliminazione o massima riduzione possibile dei combustibili fossili e sostituzione con le fonti di energia rinnovabile, elettrificazione dei consumi, sviluppo di nuovi modelli di produzione in tutti i settori economici, normative e incentivi che guidino le imprese e i singoli cittadini alla riduzione del proprio impatto ambientale, incentivi agli investimenti a favore della transizione energetica e in progetti di sostenibilità ambientale, ripristino e tutela degli ecosistemi alterati (anche tramite la riforestazione).